ESISTE ANCORA “IL SANGUE ROMAGNOLO”?
Mi si permetta uno “sfogo”
Nonostante che per Massimo
D’Azeglio, la razza romagnola, non mucche ma persone, era la
migliore del mondo, per l’antropologo Ferrero, noi eravamo invece
solo dei potenziali delinquenti e
conseguentemente la nostra era “terra
di malfattori”.
Più che malfattori, i nostri nonni
sono stati degli eroi, non esiste contrada al mondo in cui qualche
romagnolo non sia andato a combattere per l’altrui libertà.
Si guardi ai componenti dei moti dal
1821 al 1853, si guardi pure come i nostri nonni hanno risposto
agli appelli mazziniani e garibaldini, giustamente eravamo
considerati ”vulcani in eruzione permanente”.
Eppure per il Ferrero e per l’opinione pubblica del tempo, noi
eravamo i “componenti di una civiltà rimasta allo stato primitivo
“ cioè poco meno che dei beduini.
Le malignità dette su di noi, hanno
avuto un deleterio effetto, smembrati e condannati ad un eterno
“protettorato”. Un protettorato gradito ai nostri “cugini”
bolognesi, infatti loro fanno di tutto per lasciare le cose come
stanno: ostacolano l’autonomia romagnola, cioè la sacrosanta
autodeterminazione dei popoli ed ostacolano un costituzionale e
democratico pronunciamento referendario. Posso capire il
comportamento dei bolognesi, siamo la loro “colonia” e cercano di
tenerla ben stretta, ma non capisco il comportamento della grande
maggioranza dei romagnoli. Ma come: abbiamo “rotto” le catene
di mezzo mondo, e non siamo in grado di rompere quelle che ci
tengono legate ai bolognesi? Quando penso a questa situazione, non
posso non chiedermi dove sia andato a finire il “Sangue
Romagnolo”, e sconsolatamente canticchio alcune frasi, tema
oppressi, estratti dalla canzone “Addio Lugano bella”.
Sgubbi Giuseppe Solarolo Ravenna
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