Varie
L'abitato preistorico scoperto nel territorio di Solarolo. Giuseppe Sgubbi
In un periodo risalente almeno a 4 o 5
mila anni fa, popolazioni di non sicura provenienza fondarono un
abitato nell’attuale territorio solarolese; si tratta del villaggio
preistorico detto di via Ordiere, uno dei più grandi abitati
preistorici dell’alta Italia.
L’abitato si trova sopra un deposito alluvionale portato in loco da un corso d’acqua che fino ad alcune decine di migliaia di anni fa raccoglieva le acque sia della vallata del Santerno che quelle della vallata del Senio. Si tratta di una striscia di terreno stabilmente alta che essendo per questo esente da alluvioni, ben si prestava ad essere abitata. Tale striscia, di larghezza variabile, parte dalla via Emilia , e arriva nella bassa lughese.
Questo aggregato, molto esteso, si trovava a non meno di una quindicina di km dal mare, in una antichissima direttrice di traffico che, passando per la valle del Senio, metteva in comunicazione il mare Adriatico con il mare Tirreno. Molto probabilmente si tratta della direttrice ricordata nel periplo dello Ps Scilace, risalente al IV secolo a.C. che con un viaggio di tre giorni da Spina arrivava a Pisa . Tale direttrice corrisponde alla attuale via Lunga. Questo abitato si trovava pure in prossimità di un corso d’acqua, probabilmente formato dal corso del Santerno del Rasena , dai Romani detto Vatreno e dai Greci Spinete.
Tipologicamente il villagio sembra inquadrabile fra le così dette “terramare”non ha nessuna forma geometrica (infatti si espande irregolarmente verso varie direzioni), il terreno interessato non è emergente sopra il territorio circostante (il breve tratto di terrapieno fu probabilmente costruito come argine difensivo per frenare le acque del fiume), non risulta che sia mai stato una cava di marna; tutto il territorio circostante è disseminato da numerosi abitati preistorici, alcuni distanti anche poche centinaia di metri, segno evidente di una totale mancanza di pianificazione, e, molto interessante non risulta che verso il XII secolo a.C. l’insediamento sia stato interessato da un abbandono abitativo, durato un paio di secoli, riscontrato invece nelle altre terramare padane. Si tratta riguardo a quest’ultimo, di un enigmatico abbandono insediativo, un vero rompicapo per gli studiosi; non si sa infatti quali siano gli eventi che lo avrebbero provocato. Tale abbandono non è facilmente spiegabile, anche perché le aree preistoriche venete, dello stesso periodo, non sembra siano state interessate dal fenomeno. Le causa dovrebbe essere stata “climatica”. Mi pare che si debba escludere quella di una persistente siccità, con conseguente messa in discussione di qualsiasi pratica agricola, in quanto, se quella fosse stata la causa, il fenomeno avrebbe sicuramente interessato anche le zone dell’oltre Po veneto. Ma la mancanza di alcune caratteristiche , che in genere evidenziano questo genere di aggregazioni, mettono in discussione tale tipologia: la disposizione
L’abitato si trova sopra un deposito alluvionale portato in loco da un corso d’acqua che fino ad alcune decine di migliaia di anni fa raccoglieva le acque sia della vallata del Santerno che quelle della vallata del Senio. Si tratta di una striscia di terreno stabilmente alta che essendo per questo esente da alluvioni, ben si prestava ad essere abitata. Tale striscia, di larghezza variabile, parte dalla via Emilia , e arriva nella bassa lughese.
Questo aggregato, molto esteso, si trovava a non meno di una quindicina di km dal mare, in una antichissima direttrice di traffico che, passando per la valle del Senio, metteva in comunicazione il mare Adriatico con il mare Tirreno. Molto probabilmente si tratta della direttrice ricordata nel periplo dello Ps Scilace, risalente al IV secolo a.C. che con un viaggio di tre giorni da Spina arrivava a Pisa . Tale direttrice corrisponde alla attuale via Lunga. Questo abitato si trovava pure in prossimità di un corso d’acqua, probabilmente formato dal corso del Santerno del Rasena , dai Romani detto Vatreno e dai Greci Spinete.
Tipologicamente il villagio sembra inquadrabile fra le così dette “terramare”non ha nessuna forma geometrica (infatti si espande irregolarmente verso varie direzioni), il terreno interessato non è emergente sopra il territorio circostante (il breve tratto di terrapieno fu probabilmente costruito come argine difensivo per frenare le acque del fiume), non risulta che sia mai stato una cava di marna; tutto il territorio circostante è disseminato da numerosi abitati preistorici, alcuni distanti anche poche centinaia di metri, segno evidente di una totale mancanza di pianificazione, e, molto interessante non risulta che verso il XII secolo a.C. l’insediamento sia stato interessato da un abbandono abitativo, durato un paio di secoli, riscontrato invece nelle altre terramare padane. Si tratta riguardo a quest’ultimo, di un enigmatico abbandono insediativo, un vero rompicapo per gli studiosi; non si sa infatti quali siano gli eventi che lo avrebbero provocato. Tale abbandono non è facilmente spiegabile, anche perché le aree preistoriche venete, dello stesso periodo, non sembra siano state interessate dal fenomeno. Le causa dovrebbe essere stata “climatica”. Mi pare che si debba escludere quella di una persistente siccità, con conseguente messa in discussione di qualsiasi pratica agricola, in quanto, se quella fosse stata la causa, il fenomeno avrebbe sicuramente interessato anche le zone dell’oltre Po veneto. Ma la mancanza di alcune caratteristiche , che in genere evidenziano questo genere di aggregazioni, mettono in discussione tale tipologia: la disposizione
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Più probabile perciò che
l’abbandono sia stato provocato da un lungo periodo piovoso,
con conseguente impaludamento, che ha impedito non solo una
qualsiasi pratica agricola ma ha creato anche grossi problemi di
transitabilità stradale. Se così stanno le cose, si spiegherebbe
l’abbandono per un lungo tempo delle terremare padane, come pure
si comprenderebbe il non necessario abbandono abitativo della nostra
area preistorica , dal momento che , come detto, questo abitato si
trovava in una fascia di terreno eccezionalmente alta, esente da
alluvioni. Naturalmente solo i risultati degli scavi potranno
dare al riguardo risposte definitive.
L’orientamento Nord –Sud delle
numerose capanne facilmente individuabili, fa pensare che i
fondatori di tale abitato conoscessero molto bene il vantaggio
dell’orientamento solare; la leggerissima deviazione a levante
di alcuni gradi, fu resa probabilmente necessaria per seguire la
pendenza del terreno.
Oltre che alla centuriazione
romana, il loro orientamento corrisponde esattamente a quello della
via Lunga, una via che a sua volta partiva a perfetto angolo retto
dalla via Emilia. Si tratta di aspetti non casuali che
meriterebbero di essere approfonditi. Un abitato tanto grande,
attraversato da una importante direttrice terrestre e con un breve
percorso fluviale, facilmente collegabile alle rotte marittime, non
poteva non essere stato in rapporti anche con popolazioni
lontanissime.
In attesa che i dati dello scavo
facciano luce su questi rapporti, mi sembra opportuno “rispolverare” alcune antichissime
cronache , che ricordano antichi rapporti fra le nostre zone
ed alcune antiche popolazioni.
Si tratta di resoconti di viaggi e
di migrazioni, alcuni dei quali non tenuti nella giusta
considerazione in quanto ritenuti solamente frutto della fantasia
degli autori greci.
Vediamo gli antefatti: verso il XII
secolo A.C. tutto il Mediterraneo fu teatro di grandiosi
sconvolgimenti : avvenimenti ricordati nella Bibbia, nella Iliade e nella Odissea
(in particolare la caduta di Troia), invasioni dei così detti
“Popoli del Mare” ricordati in alcune stele egiziane,
crollo di alcuni imperi fra cui quello Ittita ed il
Miceneo,ecc. Tutti questi sconvolgimenti crearono delle
migrazioni che a loro volta crearono altre migrazione; alcune delle
quali interessarono anche l’alto Adriatico.
Molti sono gli autori
della antica Grecia , che direttamente o indirettamente ricordano
l’alto Adriatico: Esiodo, Erodoto, Tucidide, Licofrone,
Ellanico di Mitilene, Eumelo di Corinto, Artemidoro di Efeso,
Callimaco.
Molti sono i popoli che
risultano approdati nelle nostre coste: Pelasgi, Lelegi,
Tirreni, Tessali; a questi vanno aggiunti i leggendari
Iperborei .
Moltissimi i miti Greci
ambientati anche in Adriatico: Fetonte, le isole
Elettridi, tre fatiche di Ercole, (mandrie di Gerione, cerva Cerinea,
e Pomi delle Esperidi), due saghe Argonautiche (quella di Apollonio
Rodio e quella tramandataci da Eumelo di Corinto, la cosi
detta Leggenda Minia), la maga Circe, Dedalo ed Icaro, Cadmo ed
Armonia, Gerione, Castore e Polluce. Alcuni eroi: Antenore,
Diomede, Odisseo, Enea, ed alcune divinità: Artemide e
Tiberino.
Molte le città che sarebbero state
fondate da questi popoli oppure da questi eroi: fra queste, Padova
da Antenore, Ravenna dai Tessali, Spina da Diomede. Faenza dagli
Attici, pure Imola sarebbe stata fondata da un eroe
fuggito da Troia.
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Sarebbe troppo lungo elencare tutti
gli avvenimenti che hanno avuto per protagonisti questi popoli,
questi eroi e queste divinità nell’arco Adriatico, perciò vediamo
di passare in rassegna solo i miti e le cronache che
possono avere direttamente interessato il nostro abitato
preistorico.
ISOLE ELETTRIDI
Queste isole leggendarie, che si
sarebbero trovate alla foce del Po e che sono ricordate da
tantissimi autori greci, erano il punto terminale dell’ambra
, una resina all’epoca ricercatissima , proveniente dal
mar Baltico. Considerato che l’ambra è stata trovata in
quasi tutti gli abitati preistorici, sicuramente sarà trovata anche
nel nostro insediamento.
La prima tappa degli Iperborei,
leggendaria popolazione residente nell’Europa centrale, era in una
delle isole Elettride, ebbene la città di Pisa, punto
terminale della direttrice Spinete –valle Senio –Tirreno,
sarebbe stata fondata da Piso , re degli Iperporei.
Codeste isole erano sacre alla dea
Artemide, una dea corrispondente alle romane Diana e
Feronia . Ebbene due santuari dedicati a Diana si
trovavano nel lughese: uno di questi era nei pressi della
via Lunga, quello di Feronia si trovava a Bagnacavallo.
A proposito di Bagnacavallo, vuole una
antica tradizione che questa cittadina sia stata costruita sopra una
delle isole Elettridi. Considerato che su queste isole
sarebbero approdati i protagonisti della Saga Argonautica,
cioè la spedizione partita alla conquista del “vello d’oro”,
stranamente nello stemma di questo comune appare un cavallo bianco
con scritto Cillaro,Stersicoro cavallo più volte ricordato dallo
storico greco ) appartenente a Polluce, uno
dei Dioscuri, cioè la coppia di fratelli che risultano fra i
partecipanti della già ricordata saga degli Argonauti.
ENEA
Come è noto questo eroe sarebbe
fuggito da Troia dopo la distruzione della città.
Tutti gli studiosi concordano che questi avrebbe fondato la città di Lavinio, da cui poi avrebbe avuto origine Roma. Divergenze si riscontrano invece riguardo alla strada che questi intraprese per raggiungere il Lazio.
Quasi tutti gli studiosi ritengono che Enea raggiunse questa regione con una rotta tirrenica e una breve risalita del Tevere; non mancano comunque tradizioni che indicano invece un diverso tragitto marittimo (risalita dell’Adriatico) e conseguente diverso tragitto terrestre (nella foto Enea col padre Anchise sulle spalle, raffigurato in vaso greco ora al Louvre di Parigi).
Approfondiamo questa ultima e non impossibile direttrice.
Una antica tradizione vuole che Enea per arrivare nel Lazio da Troia avrebbe percorso a ritroso la strada che il suo avo Dardano aveva fatto per arrivare da Cortona alla Troade. Ebbene, se questa antica tradizione contiene un barlume di verità (tradizione riportata anche nella Eneide Virgiliana), significa che Enea avrebbe fatto il tragitto fiume Spinete , Cortona, Lazio , conseguentemente sarebbe passato dal nostro territorio. Anche un passo di Licofrone potrebbe mettere in discussione il tragitto “tirrenico” tenuto da Enea, infatti si legge che l’eroe prima di arrivare nel Lazio si trovava nei pressi di Pisa, un passaggio inspiegabile per chi da Troia dovesse andare, via tirrenica, nel Lazio. Spiegabile invece per chi avesse invece usato il tragitto Adriatico, Spinete , valle Arno, Lazio.
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Tutti gli studiosi concordano che questi avrebbe fondato la città di Lavinio, da cui poi avrebbe avuto origine Roma. Divergenze si riscontrano invece riguardo alla strada che questi intraprese per raggiungere il Lazio.
Quasi tutti gli studiosi ritengono che Enea raggiunse questa regione con una rotta tirrenica e una breve risalita del Tevere; non mancano comunque tradizioni che indicano invece un diverso tragitto marittimo (risalita dell’Adriatico) e conseguente diverso tragitto terrestre (nella foto Enea col padre Anchise sulle spalle, raffigurato in vaso greco ora al Louvre di Parigi).
Approfondiamo questa ultima e non impossibile direttrice.
Una antica tradizione vuole che Enea per arrivare nel Lazio da Troia avrebbe percorso a ritroso la strada che il suo avo Dardano aveva fatto per arrivare da Cortona alla Troade. Ebbene, se questa antica tradizione contiene un barlume di verità (tradizione riportata anche nella Eneide Virgiliana), significa che Enea avrebbe fatto il tragitto fiume Spinete , Cortona, Lazio , conseguentemente sarebbe passato dal nostro territorio. Anche un passo di Licofrone potrebbe mettere in discussione il tragitto “tirrenico” tenuto da Enea, infatti si legge che l’eroe prima di arrivare nel Lazio si trovava nei pressi di Pisa, un passaggio inspiegabile per chi da Troia dovesse andare, via tirrenica, nel Lazio. Spiegabile invece per chi avesse invece usato il tragitto Adriatico, Spinete , valle Arno, Lazio.
Qualcuno potrebbe giustamente chiedere
la ragione per cui Enea, intenzionato a raggiungere il Lazio, col
tragitto Adriatico- Cortona, avesse dovuto per forza approdare e
risalire il fiume Spinete: ebbene la risposta si ricava da un passo
di Ellanico di Mitilene, questi parlando dei Pelasgi
dice: “… i Pelasgi scacciati dal loro paese, la Grecia,
arrivati al fiume Spinete lasciarono le navi, proseguirono il viaggio
via terra e arrivati a Cortona l’occuparono poi proseguirono verso
la Tirrenia …” questo significa che anche la direttrice
Spinete-valle del Savio- Cortona, Lazio, era nella antichità molto
praticata.
A parere di molti studiosi, il culto
del dio Tiberino, dio delle acque, sarebbe stato portato in
Italia da Enea, non a caso il Tevere si
chiamava Tiberiacum. Tiberiacum si
chiamava in antico il Senio. Semplice coincidenza? E
allora come spiegare che il nome ancor più antico del Tevere era
Spino, cioè come il nome antico del fiume che
attraversava il nostro abitato preistorico?
Sappiamo dallo storico romano Plinio il Vecchio che lo Spinete era un fiume proveniente dall’Imolese, il Vatreno, un fiume formato dal Santerno, dal Rasena e dal Senio.
Sappiamo dallo storico romano Plinio il Vecchio che lo Spinete era un fiume proveniente dall’Imolese, il Vatreno, un fiume formato dal Santerno, dal Rasena e dal Senio.
Oltre a quelle già elencate non
mancano nelle nostre zone altre tracce di presenze di antichissime
popolazioni.
Da molte cronache antiche risulta che
vi era una città chiamata Spina, fondata all’epoca della
guerra di Troia dai Pelasgi: Questa Spina non può assolutamente
corrispondere alla Spina etrusca scoperta nei pressi di Comacchio,
risalente al V secolo a.C, ma corrisponde ad una città più
antica di almeno sette secoli, città ricordata da molti scrittori
antichi; Strabone, Dionisio di Alicarnasso, Plinio, Polemone,
Ellanico di Mitilene, Stefano Bizantino, Artemidoro di Efeso,
città che aveva eretto un “tesoro” nel santuario greco
di Delfi. Si tratta quest’ultimo di un abitato che se si
vuole scoprirlo occorre cercarlo lungo la già ricordata antica
direttrice, cioè la via Lunga.
Vi sono buone ragioni per credere che
questa direttrice, dallo Spinete al Tirreno, sia stata usata dai
Micenei antica popolazione greca. Tracce del loro passaggio sono già
state rinvenute lungo la valle del Senio, nei pressi di Monte
Battaglia e nel versante toscano. Sicuramente le tracce “micenee”
saranno trovate anche nel Solarolese.
Riassumendo: l’importanza di questo
abitato preistorico è in particolare dovuto al fatto che si trovava
in una delle più importanti direttrici di traffico della antichità;
infatti le popolazioni che dal centro Europa intendevano andare
nella Italia centrale, dovevano obbligatoriamente usare le due
direttrici Spinete-valle del Senio oppure Spinete valle del Savio,
perciò dovevano passare dal nostro abitato preistorico. Altrettanto
dicasi per le popolazioni che per tale scopo usavano la rotta
Adriatica
Gli scavi intrapresi faranno molta
“luce” al riguardo di queste antichissime migrazioni: Vi sono
buone ragioni per credere che, a scavi conclusi, la preistoria
e la protostoria romagnola ( e non solo romagnola) sarà in parte da
riscrivere.
Gli scavi “diranno” molte cose ma
un “enigma” che riguarda il nostro abitato preistorico
difficilmente sarà svelato : la inspiegabile ragione per cui
nell’area dell’abitato non sono state nel medioevo costruite le
cittadine di Bagnara oppure di Solarolo. Bagnara
vecchia si trova a meno di due Km, l’attuale Bagnara a poco più di
due Km, Solarolo a circa 3 Km (veduta dall'alto della attuale cittadina). Cosa avrà impedito che una di
queste cittadine fosse costruita in loco?.
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Con tutte le riserve del caso, formulo
al riguardo due ipotesi: prima ipotesi (la più probabile), all’epoca
della fondazione di Bagnara e di Solarolo, l’area preistorica non
era più attraversata da un corso d’acqua. Dove fu fondato
Solarolo passava il Santerno, e dove fu fondata Bagnara vecchia
passava il Rasena. Tutte le città medioevali sono state fondate in
prossimità di un corso d’acqua.
Seconda ipotesi (poco credibile): già
in epoca romana detta area era considerata “terra di nessuno”
cioè non apparteneva né all’ager Faentino, il cui territorio
arrivava solo alla attuale via Lunga, né all’ager Imolese, il cui
territorio arrivava solo alla attuale via Pilastrino. Se, come è
probabile, tali confini, oltre che costituire i civili , hanno nel
medioevo continuato a fissare anche quelli ecclesiastici, le
popolazioni che ad un certo punto ritennero necessario fondare
qualche abitato, si resero immediatamente conto che un centro nato
in tale territorio non avrebbe potuto far parte di nessuna
giurisdizione né civile nè ecclesiastica, perciò ritennero
giustamente opportuno costruire detti centri abitati in altri
territori. Mi rendo perfettamente conto della “debolezza” di
questa ultima ipotesi, ma considerato che al riguardo si brancola
nel “buio”, tutto può servire per fare un po’ di “luce”.
PER SAPERNE DI PIU’
I temi qui sommariamente trattati sono
solo una piccola parte di quelli scaturiti in oltre vent’anni di
mie ricerche al riguardo della protostoria solarolese, infatti
questi temi, con maggiori approfondimenti, li ho più volte
trattati in vari saggi: Circe Ulisse ed Enea in Adriatico?;
Alla ricerca del tesoro di Spina nel santuario greco di Delfi; Le
radici della Romagna affondano nella saga Argonautica ; La via
Lunga ed il Periplo dello Ps Scilace; Il Senio l’antico
Tiberiacum?; Si tratta di saggi facilmente consultabili in
varie biblioteche della Emilia-Romagna.
Giuseppe Sgubbi
Solarolo. Agosto 2006 Stampato a cura
dell’autore.
LE RADICI DELLA ROMAGNA AFFONDANO
NELLA SAGA ARGONAUTICA
Già in miei altri scritti ho portato
testimonianze antiche riguardanti “Tracce di frequentazioni
greche nell’alto Adriatico”.
Con questo scritto intendo fare una
indagine riguardante possibili collegamenti fra eroi greci e santi
cristiani.
Come è noto la “cristianizzazione”
trovò grandi difficoltà in quanto in ogni area dell’impero romano
era contrassegnata da una diffusa e ben radicata religione pagana.
La chiesa usò un ottimo “stratagemma”:
dove vi era un tempio pagano levò le insegne pagane e mise le
religiosi, in particolare le croci, ove era venerato un eroe greco,
fece in modo che venisse venerato un santo cristiano, le feste pagane
diventarono feste cristiane.
Non si vuole con questo voler affermare
che tutte le chiesi siano state erette sopra a delle fondamenti di
templi pagani, ma molte delle più antiche, come per esempio le
pievi, come gli scavi hanno ampiamente dimostrato,detengono tali
caratteristiche
Come pure non si vuole affermare che
tutte le feste cristiane corrispondono a delle feste pagane, ma come
è noto molte hanno tali origine.
Molte incertezze riguardano i sicuri
collegamenti fra feste di eroi pagani e feste di santi cristiani,
infatti si possono fare solo delle ipotesi.
Si tenga presente che quest’ultimo
tema è stato oggetto, all’inizio del secolo scorso,di un vivace
dibattito, da una parte studiosi inglesi e tedeschi, e dall’altra
parte studiosi francesi ed italiani.
Scopo di questa ricerca è di indagare
ciò che può essere accaduto in Romagna, cioè se gli eroi greci che
risultano approdati nelle nostre terre siano stati soppiantati da
santi cristiani.
Si tratta di una ricerca irta di
difficoltà, infatti occorre fare indagini sia sulle leggende
classiche cioè avvenimenti accaduti almeno mille anni prima della
nascita di Cristo, sia sui primi tempi del cristianesimo che come è
noto vi è grande penuria di testimonianze degne di fede.
G. S.
Nota
di redazione: Le immagini sono tratte da Wikipedia alle voci :
Solarolo, Argonaiti ed Enea, con licenza Wikimedia Commons in quanto di
pubblico dominio.
Scritto in Archeologiainvia ad un amico | letto 3521 volte
Inserito da redazione
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