Dall’Anatolia all’Etruria e da
Spina a Pisa
.
Un gruppo di studiosi toscani guidati
dal professore Gianfranco Bracci hanno fatto le dovute ricerche nell’
intento di individuare il percorso di due antichissimi tragitti,
uno marino (dall’Anatolia all’Etruria) e l’altro terrestre (
da Spina a Pisa). Grazie ad un qualificato e giusto riscontro
giornalistico, il frutto delle loro scoperte è stato fatto
conoscere anche al grande pubblico. Vediamo questi tragitti.
Tragitto marino: VIA DEL FERRO,
DALL’ANATOLIA ALL’ETRURIA. Si tratta di un tragitto datato
al 12° secolo a.C, che sarebbe stato usato per la . prima volta
dagli etruschi nell’intento di emigrare verso occidente, alla
ricerca di metalli. Il percorso sarebbe: partenza dalla città turca
di Badrum, poi con una navigazione di piccolo cabotaggio, coste
greche, pugliesi, calabre siciliane, sarde, corsiche, approdo in
Toscana nei pressi di Pisa.
Tragitto terrestre: STRADA ETRUSCA
DEI DUE MARI. Si tratta di un tragitto datato al 4° secolo a.C,
ricordato nel Periplo del Mediterraneo del portolano greco Scilace
di Carianda, questi, nel corso della descrizione delle spiagge
romagnole, in via del tutto eccezionale,cita una direttrice terrestre
che da Spina in Adriatico raggiungeva Pisa nel Tirreno. Si tratta
della strada extraurbana più antica dell’Europa. Per gli studiosi
toscani il tragitto sarebbe: Pisa, Poggio Castiglioni, ,
Monterenzio, Marzabotto, Bologna, Campotto , Spina.
Come si può vedere, si tratta di due
tragitti, ma essendo collegati, formavano una unica direttrice,
che dalla Turchia arrivava in Romagna.
I temi trattati sono affascinanti ed
interessantissimi, infatti sollevano problemi storici non ancora
definitivamente irrisolti: migrazione dei popoli, compresa la
provenienza degli etruschi, antiche vie dei commerci, ecc.
Considerato che da tempo mi interesso
di questi temi, al riguardo ho gia dato alle stampe diversi lavori,
Circe Ulisse ed Enea in Adriatico?, Alla ricerca del tesoro di
Spina nel santuario greco di Delfi, Il tragitto terrestre
segnalato nel periplo dello Ps Scilace, Evoluzione ed aspettative
riguardanti l’abitato preistorico di via Ordiere, intendo
portare un mio modesto contributo.
Premetto anzitutto che le mie ipotesi
divergono molto da quelle formulate dagli studiosi toscani,
divergenze scaturite da una diversa questione di fondo: per i toscani
i primi popoli arrivati in Italia sarebbero arrivati grazie ad una
rotta “ tirrenica”, a mio modesto parere invece sarebbero
arrivati grazie ad una rotta “adriatica”. Conseguentemente . pur
accettando la partenza dalla Anatolia, il punto terminale sarebbe
Pisa e non Spina, cioè Anatolia, Spina , Pisa, e non Anatolia,
Pisa, Spina. La differenza, in apparenza formale è invece
sostanziale, le motivazioni si potranno trovare nella apposita
APPENDICE.
Da questa diversa questione di fondo ,
scaturiscono visioni storiche che possono mettere in discussione
conoscenze della storia italiana credute inconfutabili.
Venendo al tema: considerando Spina
tappa intermedia, perciò punto di partenza per la via dei due mari,
il tragitto designato dagli studiosi toscani . almeno per quanto
riguarda il tratto dai piedi degli Appennini a Spina, deve essere a
mio parere rivisto, ed è proprio quello che mi accingo a fare, anzi
mi limito a toccare solo questo punto, tutte le altre problematiche
saranno trattate in un mio prossimo lavoro che ben presto darò alle
stampe dal titolo: Antichissime vicende ambientate in Alto
Adriatico ed in Romagna, estratte dalle più antiche storie del
mondo.
Vediamo cosa è scritto nel periplo:
Gli etruschi con la città greca di Spina, distante 20 stadi
dal mare, lungo il fiume Eridano e distante 3
giorni di cammino da una città etrusca sul Tirreno.
Tutti gli studiosi concordano, pur
trattandosi di un passo più volte interpolato e perciò di non
facile interpretazione, che il portolano ha inteso descrivere
l’effettiva esistenza in loco di una importante direttrice che
collegava i due mari. I pareri degli studiosi che si sono
interessati di questo tragitto non concordano al riguardo della
individuazione del possibile antico percorso: per alcuni il tracciato
poteva essere Spina, Ravenna, Faenza, Valle del Lamone, Firenze ,
Pisa. Per altri invece Spina, Bologna, Valle del Reno, Pisa. Già
detto ciò che propongono gli studiosi toscani, purtroppo non viene
specificato dove sarebbe stata esattamente ubicata la strada che da
Spina conduceva a Bologna, hanno lasciato intendere che poteva
trattarsi anche di un non ben specificato tragitto fluviale.
A mio parere invece, per una serie di
motivi che illustrerò, il tragitto da Spina fino ai piedi degli
Appennini doveva corrispondere all’attuale tracciato della via
Lunga, una strada ben visibile e per molti tratti ancora
percorribile, che dai pressi di Spina , attraversando il territorio
di alcuni comuni, Lugo, Bagnara Solarolo e Castel Bolognese, arriva
alla via Emilia in corrispondenza della valle del Senio.
Vediamo la ragione per cui mi sembrano
poco credibili i tragitti proposti dagli altri studiosi; tragitto
Spina Ravenna Faenza, a quei tempi, stiamo parlando del IV
secolo a.C, nel tratto Spina-Ravenna sfociavano vari fiumi
romagnoli, perciò ben difficilmente in quel tratto poteva esserci
una strada ben praticabile, basti pensare che ancora all’epoca
dell’itinerario Antonini , almeno quattro secoli dopo al periodo
che stiamo trattando, un tratto di quel tragitto si faceva solo in
barca.
Tragitto Spina Bologna;
altrettanto impraticabile cotesto tragitto via terra, in quanto,
anche in questo caso, occorreva attraversare alcuni fiumi e
vastissime paludi, perciò, escludendo un tragitto fluviale, (nel
periplo è chiaro che si intende una strada), anche tale proposta
appare insostenibile. Non ha caso, nonostante assidue ricerche, di
questa fantomatica strada non è stata trovata nessuna traccia,
se veramente fosse esistita, qualcosa si dovrebbe trovare, non può
essere scomparsa dal tutto. A mio parere non sarà mai trovata in
quanto non è mai esistita!
Vediamo invece il tragitto Spina –via
Emilia, cioè l’attuale tracciato della via Lunga; ove
attualmente è tracciata tale via vi è da tempi antichissimi una
lingua di terra molto alta, (non ha caso il Santerno fu costretto a
deviare a destra verso il Senio, ed il Sillaro non riuscì mai a
superare), ebbene tale alta fascia di terreno, esente da alluvioni
e sopraelevata rispetto alle paludi, un vero unicum per queste zone,
ben presto si prestò ad essere abitata da popolazioni preistoriche,
come gli scavi di via Ordiere stanno autorevolmente dimostrando, e
ben presto si prestò ad essere usata anche come via di
comunicazione terrestre.
A quei tempi, questa era l’unica
possibilità per arrivare via terra, fino ai piedi delle colline, poi
per attraversare gli Appennini si poteva fare scelte diverse; se si
voleva andare nel Lazio, la più comoda era sicuramente la valle del
Savio, se invece , come nel nostro caso, si voleva andare verso
Pisa, vi era solo l’imbarazzo della scelta, valle Senio, valle
Santerno, valle Sillaro.
Le ragioni che ho portato per
ipotizzare la via Lunga come unica possibile direttrice per quei
lontani tempi, e le ragioni che ho portato e che porterò per
escludere altri possibili tragitti terrestri, mi sembrano validi,
ma trovano una probante conferma da una determinante constatazione:
i sassi di Spina provengono dalle colline romagnole, se vi fosse
stata una direttrice ben praticabile Spina-Bologna, i sassi
sarebbero derivati dalle colline bolognesi.
Riassumendo: da antiche fonti greche,
(Dionigi di Alicarnasso ed Ellanico di Lesbo), si apprende in
maniera inequivocabile che Spina da tempi antichissimi, almeno dal
1500 a,C , era un importantissimo scalo usato da genti Medio
Orientali intenzionati ad andare in Toscana o nel Lazio. Questi,
dopo aver risalito l’Adriatico, ed arrivati, grazie a questo
comodo e breve tragitto terrestre, ai piedi degli Appennini, potevano
a loro piacimento usare una delle numerose vallate romagnole che,
come i numerosi reperti archeologici dimostrano, risultano essere
state tutte da tempi antichissimi continuamente praticate.
Naturalmente pure ogni vallata toscana permetteva l’attraversamento
in senso inverso, ma dalla via Emilia a Spina vi era un solo tragitto
terrestre praticabile, il tracciato attuale della via Lunga.
Niente impedisce di credere che in antico vi fossero varie
direttrici fluviali Bologna- Spina, ma fra queste non può esserci
quella segnalata dallo Ps Scilace.
APPENDICE: INTENDO APPROFONDIRE UN
PUNTO CHE, A MIO PARERE, GLI STUDIOSI CHE DA TEMPO SI INTERESSANO DEL
PERIPLO DEL MEDITERRANEO, NON HANNO TENUTO NELLA DOVUTA
CONSIDERAZIONE.
Come è noto, la descrizione delle
coste corrisponde più o meno ad “avvisi ai naviganti”:
possibili approdi, distanze fra gli stessi, popolazioni rivierasche
ed altre notizie non solo utili, ma a volte indispensabili per chi
si appresta alla navigazione di un mare. Questo è proprio quello che
si trova nel Periplo del Mediterraneo ed in qualsiasi altro Periplo.
Scilace di Carianda o chi per lui, era
sicuramente a conoscenza che alcune generazioni prima della guerra
di Troia, popolazioni orientali, sotto la generica voce “Pelasgi”,
orientati ad andare nei territori centro italici bagnati dal
Tirreno, avevano scelto la rotta “adriatica”, perciò, ritenne
giustamente opportuno descrive il luogo dell’approdo più comodo
per raggiungere la meta.
Il portolano conosceva sicuramente i
possibili tragitti fluviali che portavano verso la terra dei Tirreni,
ma non ritenne opportuno segnalarli in quanto sapeva che tali
tragitti non erano sicuri, infatti potevano variare al seguito di un
peggioramento climatico, non solo, tali tragitti potevano essere
facilmente usati dagli abitanti del posto, ma non da persone
provenienti da altre aree, troppo grande era il rischio di trovarsi
“impantanati” nelle vastissime paludi, perciò giustamente
decise di segnalare l’unico, sicuro e da tempo battuto tragitto
terrestre, quello appunto che da Spina permetteva facilmente di
raggiungere le città tirreniche.
Gli studiosi non sono entrati in tale
“ottica”e conseguentemente hanno grandi dubbi sulla effettiva
importanza che il tragitto attualmente segnato dalla via Lunga, ha
avuto nei tempi antichi.
Giuseppe Sgubbi
Solarolo 25/5/ 2010
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