Il mistero irrisolto del dodecaedro romano
Nonostante il pronunciamento di un
nutrito gruppo di studiosi e di professori, il Dodecaedro romano, sta
passando alla storia come un “oggetto misterioso” Cotesto oggetto ha 12
facce pentagonali, ognuna delle quali ha un buco circolare o ellitico,
di diametri diversi.
Al riguardo sono state fatte varie
ipotesi, ma solo quella della professoressa Amelia Carolina Sparavigna,
(Politecnico di Torino) è sembrata particolarmente interessante, a suo
parere potrebbe trattarsi di uno strumento ottico per misurare le
distanze, cioè un telemetro.
Al seguito di un approfondito studio
effettuato su un dodecaedro, la Sparavigna ha potuto spiegare molto bene
ed in modo molto convincente la sua possibile utilizzazione. Una sua
affermazione mi ha particolarmente colpito; ruotandolo su sé stesso, era
possibile ricavare 6 misure diverse. Questa è stata la “molla” che mi
ha permesso per effettuare una ulteriore ipotesi: tale oggetto ben si
prestava ad essere usato dagli agrimensori romani, per tracciare la
centuriazione.
Più volte mi sono chiesto con quali
strumenti gli agrimensori romani effettuavano le necessarie e complesse
misurazioni riguardante tale pratica, probabilmente ho trovato una
possibile risposta.
Approfondiamo un po’ l’argomento
Una delle prime cose che facevano i
romani dopo aver conquistato una area era quello di bonificarla e di
dividerla in appezzamenti, dette centurie, scopo, consegnarle ai coloni.
Come è noto con un attrezzo detto Groma,
tracciavano una strada detta Decumano Massimo(da Est ad Ovest), ed una
altra, detta Cardine Massimo(da Sud a Nord). Parallelamente ed
equidistante a queste strade, per tutta l’area che intendevano
centuriare, ne venivano tracciate delle altre.
Al seguito di queste operazioni il
territorio diventava una scacchiera con identici quadrati o rettangoli,
detti centurie, che a sua volta erano oggetto di ulteriori suddivisioni
interne.
Le centurie più comuni erano di 20 x 20
Actus, cioè aventi un lato di circa 705 metri ed una superficie di circa
50 ettari, ma in considerazione del fatto che per un insieme i motivi,
venivano pure tracciate centurie di diverse misure, risulta evidente che
vi era la necessita di effettuare moltissime e diverse misurazioni.
Vediamo anzitutto quale era il sistema
da loro usato per misurare le distanze lineari. Le loro misure erano
basate sul piede (cm 29,57), sul passo, che era un doppio passo, 5 piedi
(m. 1,48), sulla pertica, dieci piedi(m.2,95), sull’actus, 120 piedi(m.
35,5 , sul miglio,1000 passi (1480 metri).
Dal Corpus Agrimensorum ( il più
importante trattato sulla centuriazione) e da altre fonti, è possibile
conoscere alcuni strumenti che gli agrimensori usavano per misurare: il
già ricordato Passo, la già ricordate Pertica, il già ricordato Groma,
il poco noto Hodometrom (uno strumento formato da ingranaggi, che
adattato alle ruote di un veicolo, permetteva di misurare le distanze
effettuate, più o meno come un conta chilometro) e naturalmente delle
funi.
Grazie a tutti questi strumenti,
specialmente sui terreni ben livellati, era possibile effettuare delle
misurazioni quasi perfette, ma che dire quando ci si trovava di fronte a
terreni accidentati, in presenza di corsi di acqua, oppure altri
ostacoli naturali? Ecco che sarebbe stato utilissimo poter usufruire di
uno strumento che permettesse misurazioni “ad altezza d’uomo”, per
esempio un Dodecaedro, purchè provvisto di fori.
Se la ipotesi della Sparavigna
risultasse credibile, non si vedrebbe la ragione per cui gli agrimensori
romani, seppur molto preparati ed organizzati per superare le varie
difficoltà, potendo disporre di un Dodecaedro, non l’avessero usato.
Se questa mia ipotesi trovasse conferma, il Dodecaedro romano non sarebbe un telemetro, ma piuttosto un telepassus oppure ancor meglio un teleactus.
Alcune importanti considerazioni
Come è noto molti autori di epoca greca,
Platone, Pitagora ecc, ricordando il Dodecaedro, lo descrivono come una
figura geometrica con 12 facce, ma senza fori. Perciò i fori non
possono che essere stati aggiunti solo in epoca romana. Da questi
antichi scrittori abbiamo pure appreso l’importanza che rivestiva il
numero 12, e che da tale numero è derivata la parola Dodecaedro.
Non si può affatto escludere che grazie a
tale derivazione i romani possano aver scelto fra i solidi Platonici ed
adattato alle loro esigenze, proprio un Dodecaedro, strumento che,
oltre a permettere di disegnare perfetti figure geometriche, angolo,
rettangolo, quadrato ecc, cosi importanti per la pratica agrimensoria,
contiene come numeri di base sia il 12 che il 5, le misure “auree”della
centuriazione e della astronomia.
Contrariamente alla convinzione
generale, il Decumano, la più importante strada della centuriazione, non
deriva da Decimano (10), ma da Duodecimano (12), in quanto il percorso
di questa strada corrisponde al tragitto effettuato dal sole in
occasione dell’equinozio di primavera, perciò divisione del giorno in
due parti.
Alla luce di queste considerazioni, e di
altre che sicuramente scaturiranno da ulteriori approfondimenti,
l’ipotesi ne esce rafforzata.
Sgubbi Giuseppe Solarolo
archeologo dilettante e studioso della centuriazione romana
canicattiweb.comarcheologo dilettante e studioso della centuriazione romana
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