mercoledì 12 dicembre 2018

SCILACE

IL TRAGITTO TERRESTRE SEGNALATO NEL PERIPLO DELLO PS-SCILACE
Da tempo sostengo che l’attuale via Lunga, una strada che dalla via Emilia(in corrispondenza della valle del Senio), arriva nei pressi di Spina,abbia le caratteristiche necessarie per poter formulare l’ipotesi che possa corrispondere al tracciato terrestre segnalato nel periplo dello Ps-Scilace.
Vediamo cosa è scritto in detto periplo: Gli Etruschi con la città greca di Spina, distante 20 stadi dal mare, lungo il fiume Eridano, e distante 3 giorni di cammino da una città Etrusca sul Tirreno.
Tutti gli studiosi concordano che detta strada è la più antica citata dalle fonti, mentre invece al riguardo della individuazione del possibile antico percorso, i pareri non sono concordi.
A parere di alcuni, il tracciato potrebbe corrispondere a: Spina, Ravenna, Faenza, valle del Lamone, Firenze, Pisa. Per altri invece potrebbe essere : Spina, Bologna, valle del Reno, Pisa. TRALASCIANDIO LA POCO CREDIBILE AFFERMAZIONE CHE IN SOLI TRE GIORNI DI VIAGGIO FOSSE POSSIBILE PERCORRERE NON MENO DI 200 Km, e pur considerando Pisa la città etrusca del Tirreno,anche se non espressamente citata nel periplo,vediamo, tenendo conto in particolare della possibile praticabilità dei vari percorsi, a quale tragitto può invece corrispondere.
Poco probabile il percorso Spina, Ravenna , Faenza, valle del Lamone: a quei tempi nel tratto Spina-Ravenna sfociavano vari fiumi romagnoli, perciò ben difficilmente in quel tratto poteva esserci una strada ben praticabile, basti pensare che all’epoca dell’Itinerario Antonimi,almeno 4 secoli dopo il periodo che stiamo trattando, buona parte del tragitto Spina-Ravenna , si faceva solo in barca.
Altrettanto difficoltoso era il tragitto Spina, Bologna, valle del Reno; oggi , pur essendo più lungo, sarebbe un discreto tragitto, ma all’epoca occorreva attraversare vari fiumi e vastissime paludi. Perciò a mio parere e per un insieme di validi ragioni, non solo perché più corto, ma in quanto l’unico praticabile, era quello che attualmente corrisponde alla già ricordata via Lunga.
Le ragioni che porto sono queste: ove attualmente è tracciata la via Lungo, vi è da tempi antichissimi una lingua di terreno molto alta, quasi fosse una sottile penisola, , non a caso il Santerno fu costretto a deviare il suo percorso, ed il Sillaro non riuscì mai a superala, ebbene tale alta fascia di terreno, esente da alluvioni e sopraelevata rispetto alle paludi, ben presto si prestò ad essere usata come via di comunicazione terrestre.
L’esistenza in loco di un terreno alto ed asciutto anche in tale epoca, ce lo conferma l’archeologia; lungo tale via, per molti Km verso la bassa e a pochissima profondità, meno di un metro, vi sono moltissimi abitati preistorici.
Perciò lungo la via Lunga per quanto riguarda il percorso da Spina fino ai piedi delle colline. Per poi attraversare gli Appennini, si poteva scegliere la valle del Lamone, del Santerno, del Sillaro od altre valli, ma, a mio parere , la più comoda era quella del Senio.
Ho fatto in modo che questa mia ipotesi fosse conosciuta da qualche studioso del “ramo”, ma devo riconoscere che non ha avuto molta “fortuna”,infatti, è stata accolta con un generale scetticismo. (Siamo negli anni ottanta, fra qualche decennio, lo scetticismo sarà dai fatti costretto a scomparire).
Recentemente ho avuto la possibilità di venire a conoscenza di una delle ragioni per cui le mie ipotesi non sono state prese nelle dovute considerazioni: uno studioso mi ha rivolto questa domanda: ma perché signor Sgubbi parla solo degli Spineti che dovevano dirigersi verso Bologna e non del Bolognesi che dovevano dirigersi verso Spina?.
Questa domanda, se ho ben capito, mi permette di conoscere una delle ottiche con cui gli studiosi vedono la vicenda: gli Etrusci arrivano dalla Toscana, fondano Marzabotto,, Felsina, Mantova ed altre città padane ed usano Spina come porto dell’Adriatico, perciò non si vedrebbe la necessità di un transito lungo la valle del Senio, tanto meno per arrivare a Spina si debba necessariamente percorrere un lungo tratto di strada ai piedi delle colline per poi usare la via Lunga.
Prendo atto che il ragionamento potrebbe essere logico, ma fra le altre cose non si tiene conto di due importanti particolari: Primo: i sassi della Spina etrusca provengono dalle colline romagnole , o meglio ancora, dalla valle del Senio,, , se vi fosse stata una direttrice antica fra Spina e Bologna, fra l’altro sarebbe stata più breve, il materiale sassoso sarebbe di provenienza bolognese. Secondo: la presumibile strada Spina- Bologna non è ancora stata rintracciata, come si spiega? Non può essere trovata in quanto a mio modesto parere non esisteva|.
La direttrice che io propongo può essere stata usata in precedenza da popolazioni arrivate in zona in tempi antichi,(Pelasgi fondatori della prima Spina, Micenei per andare nella Italia centrale, altri popoli ricordati nelle saghe argonautiche, dai Dardani ed eroi fuggiti da Troia, e perciò dagli Spineti.)
Naturalmente questo tragitto poteva essere usato anche per scopi diversi:A per raggiungere Felsina(via Lunga, per uscire dalle paludi e poi deviando a destra percorrendo una antica via corrispondente alla attuale via Salaria. B :per dirigersi in Toscana (via Lunga fino ai piedi delle montagne e proseguire lungo la valle del Senio) L’ambra tipo “tirinto” , il materiale etrusco e la ceramica micenea , reperti rinvenuti in detta valle, dimostrano che tale transappenninica è stata usata ininterrottamente dall’epoca “pelasga” all’epoca Etrusca.
Sgubbi Giuseppe
Solarolo 1986

sangue romagnolo

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GiuseppeSgubbi

Sono un ex artigiano appassionato di storia. Scrivo questo blog per far conoscere le mie ricerche sul passato e riflettere sui problemi del presente.
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Intermezzo sul "Sangue Romagnolo". Esiste ancora?

Blog 17 agosto 2010

Considerato che al riguardo della Autonomia Romagnola, intendo dire  molte cose, mi si permetta un anticipato "sfogo". Nonostante che per Massimo D'Azeglio, la razza romagnola, non mucche ma  persone, era la migliore del mondo,  per l'antropologo Ferrero, noi eravamo invece   solo dei potenziali delinquenti e conseguentemente la nostra era " terra di malfattori". Più che malfattori i nostri nonni sono stati degli eroi, non esiste contrada del mondo  in cui qualche romagnolo non sia andato a combattere per l'altrui libertà. Si guardi ai componenti dei moti dal 1821 al  1853, si guardi pure  come i nostri nonni  hanno risposto  agli appelli mazziniani e  garibaldini, giustamente eravamo considerati  "vulcani in eruzione permanente".   Eppure per il Ferrero e per l'opinione pubblica del tempo, noi eravamo i "componenti di una società rimasta allo stato primitivo" ,  cioè poco meno che dei beduini. Le malignità dette su di noi hanno avuto un deleterio effetto, smembrati  e condannati ad un eterno "protettorato". Un protettorato gradito ai nostri "cugini" bolognesi, infatti fanno di tutto per lasciare le cose come stanno:  ostacolano l'autonomia romagnola, cioè la sacrosanta autodeterminazione dei popoli,  ed ostacolano un  costituzionale e democratico  pronunciamento  referendario.  Posso capire il comportamente dei bolognesi, ma non capisco il comportamente della grande maggioranza dei romagnoli. Ma come, abbiamo "rotto" le catene di un mezzo mondo e non  siamo in grado di  rompere  quelle che ci tengono legate ai bolognesi?  Quando penso  a questa situazione,  non posso non chiedermi  dove sia  andato a finire il "Sangue Romagnolo", e sconsolatamente canticchio  alcune frasi, tema oppressi,   estratte dalla canzone  "Addio Lugano bella". Saluti romagnolisti. Giuseppe Sgubbi

proposta per stampa mio libro


UNA CONTRO PROPOSTA
Spett Editoriale
Ho ricevuto la vostra proposta, rispondo con piacere facendo una contro proposta, ma prima mi sembra giusto precisare tutto.
Classe 1938 V elementare scrivere è sempre stata la mia passione.
Ho scritto moltissimo su svariati temi, sport cultura storia politica ecologia, zirudelle, brevi commedie, anche una canzone,
Recentemente ho cercato di quantificare tali scritti (in giornali riviste internet) sono arrivato a settecento poi mi sono fermato..
Veniamo a noi, e dirò per correttezza cose che comunque vi ho già in parte già detto.
Tutti gli articoli che compongono TRENT'ANNI DI RICERCHE STORICHE ED ARCHEOLOGICHE sono pubblicati ad Internet, addirittura grazie ai vari motori di ricerca quasi tutti possono essere letti in ogni parte del mondo,
Come pure si possono trovare in fotocopia in alcune biblioteche della provincia di Ravenna e Bologna.
Due di questi scritti, quello di Teodato e quello riguardante le vicende ambrosiane si trovano pure pubblicate rispettivamente nella rivista scientifica tedesca Historia N 54 del 2005 ed in Pallas rivista francese N. 7 del 2008.
Questo non deve significare che alle biblioteche non interessi il libro, anzi considerato che la stragrande maggioranza di queste non hanno voluto i miei scritti in quanto semplici fotocopie, vi sono buone ragioni di credere che una discreta vendita sia possibile,
In tale libro ho concentrato temi che possono interessare anche altre zone, perciò al riguardo sono molto fiducioso.

Premetto che non sono assolutamente in grado di correggere eventuali errori grammaticali, mentre invece non ho riscontrato, ma posso dare una ulteriore verifica, errori di altro genere.
Mi sorge un dubbio, l'articolo dato a Pallas, data 2008 cioè 5 anni fa, potrà essere pubblicato da altri?
Quale è la mia contro proposta?
Brevemente la espongo: non voglio percentuale, voi vi siete dati da fare, avete già fatto delle spese perciò il ricavato mi sembra giusto che sia tutto Vostro,
Chiedo solo una cosa, 15 copie gratis che mi impegno a non venderle alle biblioteche, anzi prometto che farò in modo di far sapere alle biblioteche che non hanno voluto i miei scritti che è disponibile il libro.

Come presentazione non saprei cosa dire, posso solo dire che i temi sollevati e le considerazioni provengono dalle ricerche che ho fatto sul territorio, sono un archeologo dilettante.
Allego altri miei scritti di storia ed alcuni scritti di economia- politica, che se ritenete opportuno potete pubblicarli.
Allego mia recente foto.
Graditissimi saluti

Sgubbi Giuseppe via Borgo Bennoli 30 48027 Solarolo Ravenna

recensione Edy Minguzzi

G:Sgubbi, , Giurisdizione civile ed ecclesiastica di Imola e Faenza in epoca romana, 2006.
Il lavoro di G. Sgubbi, Giurisdizione civile ed ecclesiastica di Imola e Faenza in epoca romana, si inquadra nell’ambito degli studi topografici dell’Italia antica, e propone un approccio nuovo e originale al tema dei confini della zona emiliano-romagnola. All’argomento l’autore ha già dedicato numerosi saggi e articoli che hanno gettato nuova luce su luoghi, eventi e presenze storiche di età romana, tardoantica e medievale: Il Sillaro confine della Romagna, Ravenna, 2003, Solarolo dalla antichità al Mille, Ravenna, 1992, Il Senio l’antico Tiberiacum, Ravenna, 2002, Un enigma di Pieve Ponte: il titolare S.Procolo, Ravenna, 2003, Sulla località Quinto dove nel 536 D.C. fu ucciso il re dei Goti Teodato, “Historia”, 2, Stuttgart, 2005, Dai primi abitanti alla colonizzazione romana, in Storie di un millennio, Russi ,1993, I confini Solarolesi, Solarolo, 1987, Il confine romano fra Imola e Faenza era segnato da due “Quintari”, Solarolo, 2006. Già solo i titoli sono indicativi degli orientamenti e degli interessi che hanno stimolato la ricerca. Sulla base di dati archeologici, antropologici, storici, urbanistici, e di una ricchissima documentazione (in bibliografia compaiono più di seicento opere consultate) questo lavoro propone risposte ardite e innovative, ma plausibili e motivate, a una serie di problemi che finora non hanno trovato soluzioni definitive, primo fra tutti l’esistenza in età augustea di una regione denominata Aemilia, territorialmente corrispondente all’attuale regione Emilia-Romagna. Contro il parere della maggioranza degli studiosi, Sgubbi, dopo attenta valutazione delle fonti storiche e documentarie, giunge alla conclusione che tale regione non esisteva. Fissato questo punto, lo studioso si prepara ad affrontare un’altra vexata quaestio, e cioè il confine civile fra Vicariato Annonario e Vicariato Suburbicario, e il confine ecclesiastico tra metropoli romana e metropoli milanese, al fine di precisare la posizione giurisdizionale di Imola e di Faenza nella tarda romanità. L’autore passa in rassegna criticamente i contributi di altri studiosi, e, sulla base di una documentazione ricca e varia, giunge alla conclusione che con ogni probabilità Imola e Faenza non dipendevano da Milano, ma da Roma. Il denso e incisivo lavoro di Sgubbi propone tematiche e prospettive che aprono il campo a nuove ipotesi di lavoro: se le sue conclusioni sono valide, alcune pagine della storia ecclesiastica dell’Italia settentrionale dovrebbero essere riscritte.
Edi Minguzzi
Università degli Studi di Milano


Recensione pubblicata nel vol. 27/1/2007 della rivista spagnola “Quadernos di Filologia Clàsica” (Universidat Complutense de Madrid)

miei articoli in romagna mania

Circa 150 risultati
  1. Agosto 2010 Blog archivio GiuseppeSgubbi - Romagna Mania

    1 ago 2010 ... Salve a tutti. Mi sono appena iscritto. Ho molte cose da dire. Grazie a chi vorrà leggermi. Giuseppe Sgubbi. Commenti : 0 | Letture : 155 | LEGGI ...
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  2. AFORISMI (Sgubbi Giuseppe) - Romagna Mania

    23 set 2010 ... Il momento migliore per stare zitto è quando ti sembra di scoppiare se non parli. I cambiamenti di luogo...,GiuseppeSgubbi uomo, AFORISMI ...
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  3. Una domanda che "forse" rimarrà senza risposta. - Romagna Mania

    13 ago 2010 ... Mi sono accorto, solo due giorni fà, che i miei scritti possono essere letti anche in ( Google -Romagnamania -Sgubbi Giuseppe), ebbene, ...
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  4. Intermezzo sul "Sangue Romagnolo". Esiste ... - Romagna Mania

    17 ago 2010... romagnolisti. Giuseppe Sgubbi. Scrivi un commento Visite al post : 311 Guarda questa categoria Personale. © RomagnaMania 2005 - 2012 ...
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  5. Sono riuscito a rientrare in romagnamania

    25 dic 2011 ... Sono rientrato, ho molte cose da dire, per adesso dico BUONE FESTE A TUTTI GIUSEPPE SGUBBI SOLAROLO RAVENNA,GiuseppeSgubbi ...
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  6. AFORISMI (per quelli della terza età) - Romagna Mania

    24 set 2010 ... Estratti da AFORISMI (la saggezza dei nostri padri) Sgubbi Giuseppe 2002. Sgubbi Giuseppe. Scrivi un commento Visite al post : 193 Guarda ...
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  7. AFORISMI (per tutti) - Romagna Mania

    28 set 2010... niente da dire. Estratti da AFORISMI(la saggezza dei nostri padri) Sgubbi Giuseppe 2002 Giuseppe Sgubbi ... RomagnaMania 2005 - 2012 ...
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  8. AFORISMI: (per gli uomini) - Romagna Mania

    27 set 2010 ... Niente è più triste di un vecchio innamorato. Estratti da AFORISMI (la saggezza dei nostri padri) Sgubbi Giuseppe 2002. Giuseppe Sgubbi ...
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  9. Giuseppe SGUBBI. Dall'Anatolia all'Etruria e da Spina a Pisa.

    25 giu 2010 ... Studi e Ricerche Giuseppe SGUBBI. Dall'Anatolia all'Etruria e da Spina a Pisa. Venerdì 25 Giugno 2010 06:16 | Un gruppo di studiosi toscani ...
    www.archeomedia.net/.../36770-giuseppe-sgubbi-dallanatolia-alletruria-e-da-spina-a-pisa.html - Copia cache - Simili
  10. L'abitato preistorico scoperto nel territorio di Solarolo. Giuseppe ...

    5 ago 2010 ... L'abitato preistorico scoperto nel territorio di Solarolo. Giuseppe Sgubbi. In un periodo risalente almeno a 4 o 5 mila anni fa, popolazioni di non ...
    www.pianurareno.org/?q=node/3300 - Copia cache - Simili

lunedì 10 dicembre 2018

valori dello sport

il marito ideale

“IL MARITO IDEALE”
Come è noto la stragrande maggioranza delle donne, concentrano la loro attività, il loro impegno, il loro interesse, per la famiglia e per la casa, tutto il resto non interessa più di tanto.
Si tratta di un piccolo mondo, ma è il loro mondo, se va bene quello, loro sono contente, se va male quello, loro saranno deluse.
Conseguentemente il valore del marito viene misurato dal come pure lui si comporta verso la casa e verso la famiglia.
Un marito può essere una persona di fama, scienziato, professore, capo di stato, grande imprenditore, ma se non dà il massimo di se stesso alla casa e alla famiglia, agli occhi della moglie questi è un “buono a niente” e perciò conseguentemente trattato.
Il buon marito ogni mattina, senza che glielo dica la moglie, deve in particolare sbattere le pedane, annaffiare i fiori, pulire le scale, dare la polvere, o perlomeno deve aiutare la moglie a fare queste cose, se per farle occorre che la moglie glielo dica, ecco che il marito non è più un buon marito, prima o poi la moglie rimpiangerà di averlo sposato.
Senza alcun dubbio questo tipo di marito , oltre che, impresa non da poco, far felice la moglie, è sicuramente utile alla casa ed alla famiglia, ma siamo sicuri che è pure utile alla società? Conosco personalmente uno di questi “mariti ideali”, tale persona è portato da tutte le donne del vicinato, mia moglie compreso, come esempio di marito perfetto, cioè il marito che tutte le donne vorrebbero.
Questa persona, educata, onesta, mai visto arrabbiato, non ha mai partecipato ad un qualsiasi dibattito, mai partecipato ad uno sciopero, mai sollevato un problema, mai avuto qualche iniziativa culturale , sportiva, imprenditoriale, socialmente parlando è una vera e propria nullità. Ho intervistato il suo datore di lavoro, un piccolo artigiano, ebbene mi ha detto che questi esegue quello che gli dici, ma completamente disinteressato alle sorte della azienda, mai portato qualche idea, mai interessato ad iniziative tendenti ad una maggior produttività, si comporta come un robot, la sua testa è sempre e solo a casa sua.
Non posso non farmi una domanda, se il mondo fosse pieno di questi “mariti ideali” come saremmo messi? Non ci sarebbero fabbriche , non ci sarebbero società sportive, non ci sarebbero associazioni culturali, non ci sarebbe stato alcun progresso, il mondo sarebbe ancora fermo alla preistoria. Altra domanda: questo marito dove andrebbe a lavorare? La sua famiglia dove prenderebbe i soldi da vivere? Le mogli sarebbero cosi contente di mariti simili? Dubito.
Che le donne, per loro natura, siano tutta “casa e famiglia”non è un “difetto” anzi è una “qualità” da apprezzare, sarebbe da criticare il contrario, perciò noi mariti dobbiamo sopportare le lamentele delle moglie che si sentono “trascurate” ove per loro è “ragion di vita”, ma anche le moglie devono capire che il marito non può essere un buon professore, ricercatore, imprenditore, ecc e contemporaneamente il marito ideale. Esiste una via di mezzo? I mariti capiscono il “dramma” delle moglie, le mogli capiscono il “dramma” dei mariti?
Sgubbi Giuseppe Solarolo Ravenna

il perdente

STORIA DELLA FRUSTA E DEGLI S’CIUCAREN.
Vi sono buone ragione per credere che la creazione della frusta, se per frusta intendiamo un manico di legno con attaccato una corda o qualcosa che possa roteare attorno al manico, risalga ai primissimi tempi della umanità. Sicuramente i nostri antichissimi progenitori, si saranno resi conto che con una simile “arma” era possibile tenere a distanza di sicurezza alcuni animali. Se per frusta intendiamo un manico attorcigliato con attaccato una corda che facendola roteare permette di effettuare potenti s’ciocchi, abbiamo la possibilità di conoscere, se non la precisa data di nascita, ma almeno quando è perché veniva usata.
Anzitutto una curiosità, facendo roteare la frusta, il punto terminale, supera e sfonda il muro del suono, cioè non meno di 1200 km orari, si tratta dell’unico esempio ove con la sola forza umana si riesce a far superare ad un oggetto tale velocità. Se durante una esibizione, un s’ciocco non si sente, qualche volta succede, significa che per una serie di ragioni il punto terminale non ha superato tale velocità.
Il punto terminale della frusta e detto, nel nostro dialetto romagnolo, lo s’ciocchino, e noi di conseguenza siano detti S’ciucaren.
Notizie storiche
Il primo ricordo sicuro dell’uso della frusta, per fare qualche s’ciocco, risale all’epoca della mitica Troia, perciò attorno al 1250 a.C. Risulta infatti che il via a delle gare di corsa di carri e cavalli, le Ludus Troae, veniva dato con un potente s’ciocco di frusta, una usanza testimoniata anche in epoca romana.
La tribù gallica che nel IV secolo a.C stanziò in Romagna, di certo faceva s’cioccare la frusta, infatti in una loro tomba è stato trovato un manico attorcigliato.
Di questa antica loro usanza è rimasto un ricordo nella toponomastica, in Francia, luogo di origine di questa tribù, vi è la cittadina di Parpignan, (Perpignano), ebbene parpignan è anche il nome, in dialetto romagnolo, del manico della frusta.
Per trovare un ricordo storico di s’ciucaren , come oggi noi intendiamo, cioè colpi della frusta che se occorreva accompagnano pure le note musicali, occorre risalire di molti secoli, sempre in Francia risulta che nel XIII secolo a Chartres, in occasione di cerimonie paraliturgiche, fanciulli cantori ed i loro maestri davano vita agli”alleluia fouette”, cioè canti alleluistici accompagnati dallo “s’ciocco delle fruste”.
Il primo ricordo in Romagna risale al XVII secolo, le nostre coste furono invase da dei predoni provenienti dalla Dalmazia, gli Uscocchi, questi, come risulta da antiche cronache ravennati, “su veloci cavalli e con potenti s’ciocchi di frusta terrorizzarono le popolazioni rivierasche”. Un cronista dell’epoca ha pure precisato che tali sciocchi erano scanditi in maniera ritmica, perciò, pur prendendo atto che questi Uscocchi non usassero la frusta per fare divertire, ma per scopi bellici, dobbiamo ugualmente definirli degli S’ciucaren.
Successivamente, come è noto, tale usanza è stata portata avanti dai birocciai, ma non solo, come comunemente si crede, per passatempo, per accompagnare i passi dei cavalli, o per avvisare i famigliari che stavano rincasando, ma anche per usi di grande utilità. Un esempio, di cui sono stato testimone, a distanza di almeno un Km , un birocciaio con alcuni s’ciocchi di frusta, fece sapere ai suoi famigliari che un cavallo aveva perso un ferro e che perciò occorreva chiamare il maniscalco. Qualche birocciaio riusciva ad accompagnare con i s’ciocchi i motivi musicali che fischiettava.
Risulta che all’inizio del secolo scorso alcuni birocciai accompagnavano con s’ciocchi di frusta le note di un corpo bandistico. La scomparsa dei birocciai non ha comunque significato la scomparsa degli S’ciucaren, attualmente in Romagna i giovani che praticano questo caratteristico folklore sono oltre un centinaio, questo significa che attualmente la Romagna è la regione del mondo col più alto numero di S’ciucaren in attività.
Avvertenza
Esiste uno strumento musicale detto pure frusta, composto da due legni con manici, usato da pochissimi corpi bandistici, ma il suono che provoca non può essere considerato uno S’ciocco. Questo significa che la “fruste” usate a Chartres , erano sicuramente quelle col manico attorcigliato, in caso contrario le cronache non avrebbero precisato”accompagnati da s’ciocchi”,
Sgubbi Giuseppe Solarolo

sulla frusta

STORIA DELLA FRUSTA E DEGLI S’CIUCAREN.
Vi sono buone ragione per credere che la creazione della frusta, se per frusta intendiamo un manico di legno con attaccato una corda o qualcosa che possa roteare attorno al manico, risalga ai primissimi tempi della umanità. Sicuramente i nostri antichissimi progenitori, si saranno resi conto che con una simile “arma” era possibile tenere a distanza di sicurezza alcuni animali. Se per frusta intendiamo un manico attorcigliato con attaccato una corda che facendola roteare permette di effettuare potenti s’ciocchi, abbiamo la possibilità di conoscere, se non la precisa data di nascita, ma almeno quando è perché veniva usata.
Anzitutto una curiosità, facendo roteare la frusta, il punto terminale, supera e sfonda il muro del suono, cioè non meno di 1200 km orari, si tratta dell’unico esempio ove con la sola forza umana si riesce a far superare ad un oggetto tale velocità. Se durante una esibizione, un s’ciocco non si sente, qualche volta succede, significa che per una serie di ragioni il punto terminale non ha superato tale velocità.
Il punto terminale della frusta e detto, nel nostro dialetto romagnolo, lo s’ciocchino, e noi di conseguenza siano detti S’ciucaren.
Notizie storiche
Il primo ricordo sicuro dell’uso della frusta, per fare qualche s’ciocco, risale all’epoca della mitica Troia, perciò attorno al 1250 a.C. Risulta infatti che il via a delle gare di corsa di carri e cavalli, le Ludus Troae, veniva dato con un potente s’ciocco di frusta, una usanza testimoniata anche in epoca romana.
La tribù gallica che nel IV secolo a.C stanziò in Romagna, di certo faceva s’cioccare la frusta, infatti in una loro tomba è stato trovato un manico attorcigliato.
Di questa antica loro usanza è rimasto un ricordo nella toponomastica, in Francia, luogo di origine di questa tribù, vi è la cittadina di Parpignan, (Perpignano), ebbene parpignan è anche il nome, in dialetto romagnolo, del manico della frusta.
Per trovare un ricordo storico di s’ciucaren , come oggi noi intendiamo, cioè colpi della frusta che se occorreva accompagnano pure le note musicali, occorre risalire di molti secoli, sempre in Francia risulta che nel XIII secolo a Chartres, in occasione di cerimonie paraliturgiche, fanciulli cantori ed i loro maestri davano vita agli”alleluia fouette”, cioè canti alleluistici accompagnati dallo “s’ciocco delle fruste”.
Il primo ricordo in Romagna risale al XVII secolo, le nostre coste furono invase da dei predoni provenienti dalla Dalmazia, gli Uscocchi, questi, come risulta da antiche cronache ravennati, “su veloci cavalli e con potenti s’ciocchi di frusta terrorizzarono le popolazioni rivierasche”. Un cronista dell’epoca ha pure precisato che tali sciocchi erano scanditi in maniera ritmica, perciò, pur prendendo atto che questi Uscocchi non usassero la frusta per fare divertire, ma per scopi bellici, dobbiamo ugualmente definirli degli S’ciucaren.
Successivamente, come è noto, tale usanza è stata portata avanti dai birocciai, ma non solo, come comunemente si crede, per passatempo, per accompagnare i passi dei cavalli, o per avvisare i famigliari che stavano rincasando, ma anche per usi di grande utilità. Un esempio, di cui sono stato testimone, a distanza di almeno un Km , un birocciaio con alcuni s’ciocchi di frusta, fece sapere ai suoi famigliari che un cavallo aveva perso un ferro e che perciò occorreva chiamare il maniscalco. Qualche birocciaio riusciva ad accompagnare con i s’ciocchi i motivi musicali che fischiettava.
Risulta che all’inizio del secolo scorso alcuni birocciai accompagnavano con s’ciocchi di frusta le note di un corpo bandistico. La scomparsa dei birocciai non ha comunque significato la scomparsa degli S’ciucaren, attualmente in Romagna i giovani che praticano questo caratteristico folklore sono oltre un centinaio, questo significa che attualmente la Romagna è la regione del mondo col più alto numero di S’ciucaren in attività.
Avvertenza
Esiste uno strumento musicale detto pure frusta, composto da due legni con manici, usato da pochissimi corpi bandistici, ma il suono che provoca non può essere considerato uno S’ciocco. Questo significa che la “fruste” usate a Chartres , erano sicuramente quelle col manico attorcigliato, in caso contrario le cronache non avrebbero precisato”accompagnati da s’ciocchi”,
Sgubbi Giuseppe Solarolo

sui terremoti

I TERREMOTI E GLI INSEGNAMENTI DELLA STORIA
Come è noto, nel corso dei terremoti che stanno devastando una parte della regione Emilia, si sono aperte delle crepe nel terreno dalle quali è uscita acqua e sabbia.
Tali fenomeni sono stati definiti “strani” e mai accaduti.
Se leggiamo la storia apprendiamo invece che sono accaduti altre volte e neanche tanto lontano, infatti sono accaduti nel ravennate.
Tralasciando di descrivere i devastanti terremoti del 467, del 743, e del 1302, appare doveroso descrivere quelli che si sono verificati nel 1591, in quanto hanno avuto delle caratteristiche quasi identiche a quelli del modenese.
Da una antica cronaca si apprende che nel giorno 20 luglio e nel giorno 28 agosto , di detto anno, “nelle valli di Classe e nelle valli di San Vitale al seguito di due fortissime scosse si aprirono nel terreno grandissime bocche dalle quali usci un fumo puzzolente”
Vi sono buone ragioni per credere che l’artefice di tale fenomeno sia stata la placca che nel corso del suo cammino verso le Alpi, sta creando non pochi problemi agli abitanti di varie zone.
Se così fosse non deve sorprendere se il territorio dell’oltre Po, sarà prossimamente interessato a detti fenomeni.
Prevedere i terremoti è praticamente impossibile, ma considerata la successione di tali eventi, logica sarebbe prendere le dovute precauzioni, per esempio, costruire gli edifici con norme antisismiche.
A volte la storia ci dà degli insegnamenti, purtroppo spesso non l’ascoltiamo.

Solarolo cultura

APPUNTI PER ARTICOLO SULLA SITUAZIONE “CULTURALE” DI SOLAROLO
Senza alcun dubbio, dopo Ravenna e Faenza, Solarolo è il comune che vanta il più interessante patrimonio archeologico, culturale ed artistico della provincia di Ravenna.
La Madonna col Bambino (scultura del XV secolo)esposta nella aula consigliare è dagli studiosi considerata la più bella scultura del rinascimento romagnolo,
Il santuario della Madonna della salute ,dopo quello della Madonna del monte di Cesena..è il santuario che detiene il più alto numero di ex voto.
Le vetrinette attualmente visitabili nel municipio contengono reperti dell’età del Bronzo, provenienti dal villaggio preistorico di via Ordiere., molti dei quali sono degli “unicum” non solo per la Romagna IL territorio di Solarolo detiene attualmente il record della case rustiche di epoca romana, si tratta di ville regolarmente disseminate in una ottima centuriazione:
A tutto questo occorre aggiungere il gia citato villaggio preistorico di via Ordiere, uno dei più grandi d’Italia, il cui interesse travalica i confini nazionali.
Nonostante tale “patrimonio” Solarolo non si trova nel Circuito Turistico Provinciale:
Da oltre venti anni vengono pubblicati a livello provinciale degli opuscoli ove vengono pubblicizzate le aree di interesse turistico,ebbene inutilmente troveremo citato Solarolo:
Si tratta di una “latitanza” inspiegabile e sotto tutti gli aspetti dannosa, senza alcun dubbio gli “addetti” al lavoro non hanno a “cuore” il turismo e la cultura in generale.
Dopo che i recenti scavi in Via Ordiere hanno “scoperto” l’importanza di tale area, sarebbe gravissimo non “ approfittarne” per dare a Solarolo gli immancabili “vantaggi”.
Prima cosa da fare: creare un Parco Archeologico. Il parco archeologico ha alcune funzioni: mettere in evidenza le trasformazioni che l’uomo a creato nell’ambiente, salvaguardia non provvisoria ma duratura del patrimonio archeologico,dare sviluppo alla promozione turistica, creare un sano godimento del tempo libero.
Bisogna assolutamente evitare che terminati gli scavi, tutto finisca nell’obblio, ebbene gia da subito(ammesso che non siamo gia in ritardo) , occorre programmare il da farsi: Acquistare il terreno interessato dagli attuali scavi, se occorre acquistarne anche dell’altro,creare le indispensabili infrastrutture,preparare gli animatori ed interpreti, naturalmente si dovrebbe cercare accordi col vicino ed “interessato” comune di Bagnara.
Occorre avere ben in mente quello che si deve e si vuole fare,per poter programmare nel modo migliore:
Cosa si può fare per dare sviluppo a tale parco?, tenendo conto che ogni struttura può funzionare solo se viene coinvolto il pubblico.
Si può fare moltissimo, creare un ristorante ove si mangia “come nei tempi preistorici”. Creare botteghe artigiane ove si creano gli utensili preistorici, organizzare Sfide con armi preistoriche, creare alcune capanne preistoriche, gemellarsi con altre città italiane od estere che abbiano nel loro territorio un abitato preistorico.
Naturalmente non deve mancare una aula per conferenze culturali e magari una periodica rivista:
Naturalmente fare queste cose costa, ma se fatto con giusti criteri diventa un investimento
Occorrono persone che si diano da fare,occorre un diverso modo di intendere la cultura, occorre ,diversamente dal passato ,coinvolgere i cultori locali.
Questi sono alcuni appunti, mi rendo comunque disponibile, vedendone il riscontro.ad approfondimenti.
SIAMO IN RITARDO OCCORRE MUOVERSI!

chi è senza peccato

CHI E’ SENZA PECCATO SCAGLI LA PRIMA PIETRA
( le colpe dei partiti e le colpe degli elettori)
Criticare il comportamento dei politici italiani è fin troppo facile. Eliminato con un referendum il finanziamento pubblico ai partiti, questi sono riusciti ad intascarne il triplo.
Facendo aumentare in un modo spropositato il numero dei dipendenti pubblici, in particolare impiegati, si sono creati un popolo di fidi “elettori” , che a sua volta hanno creato una paralizzante burocrazia che “disarma” il volenteroso.
Hanno più volte promesso di ridurre il numero dei parlamentari, delle provincie, degli enti inutili, ma la decisione viene continuamente rimandata .
Aver trovato un politico con le mani “nella marmellata”, non fa più notizia, fa più notizia non averlo trovato.
Molto ci sarebbe da dire al riguardo del come i partiti si comportano quando hanno qualcosa da dirci, essendo autoconvinti di essere gli unici depositari del” sapere”, il loro non è un parlare, ma un “pontificare”, infatti ritengono di essere gli unici in grado di “salire in cattedra”.
Si pensi alla occupazione partitocratica del territorio e delle istituzioni, ogni angolo dell’Italia , comuni, provincie regioni, sono diventati loro “feudi”. Ma chi a dato a loro tale investitura ? Siamo di nuovo precipitati nel Medioevo?
Non parliamo poi di tutti i privilegi della cosi detta “casta”, stipendi, pensioni, auto blu, ecc.
Alcuni di loro, le classiche mosche bianche, dicono “siamo onesti” “, “non abbiamo colpe”, “siamo tranquilli”, ma cosa fanno per cambiare? Meno di niente. Se veramente fossero “nauseati” abbandonerebbero tutte le cariche politiche, e denuncerebbero il comportamento dei loro colleghi. Ma perché non lo fanno? La ragione è una sola, dove troverebbero un identico lavoro? Non hanno tutti i torti, hanno fatto tanto per arrivarci, perciò non vedono la ragione di sollevare il loro sedere dalla poltrona.
Ma come si comportano i partiti al seguito delle nostre giuste critiche, che prossimamente potrebbero diventare giusti insulti? Logica vorrebbe che rendendosi contro della situazione in cui si trovano, decidessero di fare una ” inversione di rotta”, ma neanche per sogno, a parte una ventilata e sempre rimandata “rottamazione”, non sono andati oltre. Anzi cercano di addebitare a noi cittadini , le maggior colpe di questa “deriva partitocratica”, infatti ci accusano di poco senso civico, di scarso attaccamento alle istituzioni, qualunquisti, antipolitici, ecc. Da che parte viene il pulpito! La volpe sta facendo la correzione alle galline.
Con queste critiche , non si intende dire che se tutto va male, la colpa è tutta dei partiti, anche noi purtroppo abbiamo delle colpe. Vediamole.
Tralasciamo le colpe cosi dette “veniali”, cioè cittadini che hanno preso una tessera, non per “partecipare” alla vita del partito, ma per chiedere favori. Un comportamento deplorevole, purtroppo molto diffuso, che sicuramente ha negativamente “contagiato” i partiti.
Ma qui si vuole toccare alcuni “tasti” , di cui si parla troppo poco; iniziamo con le conseguenze dovute alla scarsa preparazione politica degli elettori.
Alcuni anni fa, fu fatta una inchiesta-sondaggio per conoscere il grado di conoscenza che gli elettori avevano al riguardo dei programmi dei vari partiti. Scopo, constatare se gli elettori erano a conoscenza del reale comportamento dei partiti, in particolare, se quello che avevano promesso, fosse o non fosse stato successivamente mantenuto. Come si è svolto tale sondaggio: agli elettori che non avevano niente in contrario di dire per quale partito avevano votato, è stata chiesta per quale ragione hanno votato il tal partito. Grande delusione degli intervistatori, l’ottanta per cento di questi elettori avevano votato un partito che in parlamento aveva continuamente avversato le scelte che invece l’elettore col voto aveva inteso premiare. Al restante venti per cento degli elettori che avevano “indovinato”, è stato chiesto di elencare alcune delle ragioni per cui gli altri partiti non meritavano di essere votati, altra grande delusione, la stragrande maggioranza di loro si sono limitarti ad una generica risposta: perché sono di destra, oppure perché sono di sinistra. Solo una piccolissima parte di loro, ha dato risposte qualificate.
Domanda, ci rendiamo conto delle conseguenze che si creano a causa di questa scarsissima conoscenza politica? I politici hanno fatto ben poco per combattere questa nostra poca informazione, anzi si potrebbe dire che loro sono gli artefici, infatti, quando descrivono le loro scelte, parlano in politichese, infatti usano parole a doppio o a triplo senso, difficilmente comprensibili anche ai commentatori politici.
Non dimentichiamoci che i legislatori hanno la necessità di conoscere esattamente ciò che gli elettori chiedono, diversamente non si vede come sia possibile andare incontro alle loro esigenze.
E allora che fare? Ricordo molti anni fa, ancora giovanissimo, pur essendomi appena affacciato alla politica, mi resi conto dell’esistenza del problema appena accennato, ebbene, seppur provocatoriamente proposi “la patente a chi vota”, in parole povere, chi non era interessato ad una seppur minima conoscenza delle proposte e del comportamento dei vari partiti, non poteva votare.
Tocchiamo un altro “tasto” non meno “delicato. Sarebbe idealmente necessario che dando il voto ad un partito, ognuno di noi potesse pronunciarsi anche sul loro comportamento, cioè poter dire : mi sei piaciuto, oppure mi hai deluso. Purtroppo il voto non permette la possibilità di spedire “messaggi”di tal genere, infatti il voto ad un partito è solo, e niente altro, che un “consenso” e come tale ovviamente viene inteso.
Troviamoci nei “ piedi” dei partiti, quando dopo ad una tornata elettorale, si apprestano a commentare i voti ricevuti, ad un aumento dei voti, viene dato un ben preciso significato: che i loro programmi , che le loro battaglie, che l loro comportamenti , sono piaciuti, conseguentemente ritengono doveroso continuare sulla strada intrapresa. Qui la contraddizione è evidente, dare un voto ad un partito è un consenso, come dire “continua così ” , perciò non possiamo dire a loro “avanti tutta” e contemporaneamente pretendere un cambiamento. Ed infatti, anche perché a loro non conviene, i partiti non cambiano.
I partiti hanno molte cose da rivedere, ma qualcosa dobbiamo rivederlo anche noi.
Sgubbi Giuseppe Solarolo Ravenna